HALLOWEEN RISCOPRIRE LA “SERA SANTA”
Ogni anno, alla fine di ottobre, le strade si riempiono di maschere e di luci artificiali.
Si ride della paura, si gioca con l’oscurità, si moltiplicano simboli di morte trasformati in spettacolo.
Eppure, etimologicamente, Halloween significa All Hallows’ Eve, la sera santa, vigilia di Ognissanti. Un tempo sacro, non spaventoso. Un momento di quiete, non di eccesso. Una soglia, non un palcoscenico.
Anticamente, questa “festa” segnava un passaggio di luce e coscienza, in cui il confine tra il mondo visibile e quello invisibile si faceva più sottile e gli esseri umani potevano percepire simbolicamente la presenza dei propri cari defunti. Era una celebrazione della continuità della vita, non della paura della morte. Ci si riuniva per narrare le storie degli antenati, esaltandone virtù e doni. Le candele accese nelle case illuminavano il legame che ancora univa vivi e morti. Il trapasso era percepito come trasformazione, non come assenza.
Dal punto di vista psicologico, il “gioco della paura”, ossia travestirsi, scherzare e simulare il pericolo, può permettere di esplorare emozioni intense in un contesto sicuro, trasformando il timore in esperienza e la tensione in risata.
Diventa nocivo, però, se si perde la coscienza del simbolo e se la funzione catartica si riduce a paura sterile o consumo.
I bambini, in particolare, non hanno bisogno di essere spaventati. Per crescere forti necessitano di significato, di sapere che chi non vediamo più vive costantemente nel ricordo. Mostri e spettri insegnano poco. La trasmissione di storie e valori, invece, dona sicurezza, radicamento e serenità.
Filosoficamente, Halloween rappresenta il momento in cui la vita riconosce la sua finitezza e, proprio in quel riconoscimento, scopre la possibilità del senso. Indossare una maschera, attraversare simbolicamente la notte, può essere un modo per interrogarsi su ciò che siamo oltre l’apparenza, ma solo se il gesto rimane consapevole. Infatti, quando la festa si riduce a spettacolo, la maschera diventa fuga e il consumo riveste l’anima di superficialità.
L’eccesso di immagini macabre, l’ironia sulla morte, l’uso disinvolto del “mostruoso” come divertimento possono disorientare.
La filosofia invita al silenzio, alla memoria, alla parola viva per trasmettere continuità e significato. Perché nulla muore e tutto si trasforma.
Rudolf Steiner ci ricorda che in questo periodo dell’anno il velo tra mondi e coscienza si assottiglia, offrendo l’occasione di osservare più chiaramente le forze che ci abitano. Halloween, nella visione steineriana, dovrebbe essere un momento di luce interiore, non di oscurità esibita.
Oggi, il consumismo e il materialismo hanno svuotato la “festa” del suo significato originario. Il terrore ha preso il posto della venerazione, il sarcasmo ha distrutto il ricordo, la maschera è diventata il segno della spettacolarizzazione. Laddove un tempo si accendevano candele per illuminare la memoria degli affetti, oggi si moltiplicano luci artificiali per distrarsi da un buio che in realtà, se accolto con presenza, non rappresenta una minaccia, ma lo spazio in cui possiamo riflettere e percepire il valore della vita e dei veri legami.
Riscoprire il senso originario della “sera santa” significa restaurare la connessione tra memoria, coscienza e simbolo.
Per riportare equilibrio, si possono compiere atti sani: intagliare una zucca con figure di vita, accendere lumicini come gesto di attenzione e cura, preparare dolci o biscotti con i bambini, raccontare loro storie di antenati e persone amate. Tutto ciò nutre la memoria affettiva e l’immaginazione, offrendo senso e persistenza senza ricorrere alla paura.
Esercizio meditativo: “Incontro con l’Ombra e la Luce”
1. Accendere una candela. Porre davanti a sé due simboli: uno chiaro (la Luce, la coscienza), uno scuro (l’Ombra, l’inconscio). Respirare e ascoltare il silenzio.
2. Domandarsi: “Chi sono quando tolgo ogni maschera? Quale parte di me attende di essere illuminata?”
3. Dialogare con l’Ombra: osservare l’oggetto scuro pensando che rappresenti una parte di sé che chiede attenzione e riconoscimento.
4. Dialogare con la Luce: osservare la fiamma come guida simbolica, memoria dei legami affettivi e fonte di chiarezza.
5. Affermare con consapevolezza: “Io sono il ponte tra visibile e invisibile. La mia luce illumina l’ombra e la mia ombra custodisce la luce.”
6. Spegnere la candela in silenzio, ricordando che il buio non è scomparsa, ma riposo e occasione di riflessione.
Halloween non è una notte di paura, ma un invito alla memoria, alla presenza e al senso.
Quando diventa rito consapevole, tra la luce tremolante dei lumicini e il ricordo degli affetti, la mente si calma, la coscienza si illumina e l’anima si apre alla continuità della vita.
Valentina Adiutori
